domenica 14 dicembre 2008

La Crisi Economica e la Disoccupazione Asimmetrica: perchè bisogna intervenire subito

I dati appena rilasciati dall’ISTAT rivelano che l’Italia è ufficialmente in recessione dal terzo trimestre di quest’anno. L’Emilia Romagna è la seconda regione più ricca del paese in termini di reddito pro capite 2007, ha un’economia tradizionalmente solida ed un mercato del lavoro ben funzionante. In media 7 persone su 10 in eta’ lavorativa hanno un lavoro e meno di 3 lavoratori su 100 non trovano un lavoro. Se questa fosse la fotografia del paese, l’Italia sarebbe l’economia più prospera del mondo.

Purtroppo non è così, qui infatti finiscono le buone notizie: sotto questo piatto scintillante si trovano in Emilia Romagna più di 400,000 lavoratori - il 22% del totale dei lavoratori della regione nel 2007[1] - caratterizzati come atipici, cioè assunti senza un contratto a tempo indeterminato. Persino in una regione florida come questa, essi saranno i primi a pagare personalmente il costo di una crisi che colpisce l’Emilia Romagna come il resto del paese. O meglio: la crisi sarà probabilmente in Emilia Romagna ancora più severa, visto l’orientamento verso l’esportazione del sistema produttivo regionale.[2]

E’ relativamente facile tracciare un quadro, neppure tanto stilizzato, del lavoratore atipico emiliano romagnolo che maggiormente soffrirà questa situazione: donna, sotto i 35 anni, impiegata in una professione non qualificata oppure nei servizi commerciali. Data la dualità del mercato del lavoro italiano, diviso tra la protezione dei lavoratori a tempo indeterminato e l’esposizione dei lavoratori atipici, bisogna attendersi che l’incremento della disoccupazione sarà preponderatamente concentrato tra i lavoratori atipici.

Una crescita della disoccupazione di un solo punto percentuale - probabilmente il più ottimista tra gli scenari possibili a questo punto - significa in Emilia Romagna un incremento nel numero dei disoccupati pari a più di 15,000 persone. La maggior parte di questi saranno lavoratori atipici che non hanno diritto a nessun sostegno alla disoccupazione. Il contributo straordinario del governo (circa 1000 euro all’anno a lavoratore) contenuto nel decreto anti-crisi e i lavoratori con una carriera contributiva sufficientemente lunga da beneficiare di una indennità di disoccupazione saranno solo una minima parte di questo gruppo di “freschi” disoccupati.

Preparare uno strumento di sostegno della disoccupazione che sia pronto ad aiutare gli almeno 5,000 lavoratori senza tutela che perderanno il lavoro in conseguenza della crisi economia sembra un’impresa alla nostra portata. Alla portata delle nostre istituzioni regionali, se le nazionali mancheranno, e dei loro bilanci. La domanda impellente è se sarà anche alla portata della nostra politica. Per un nuovo “modello emiliano” - che torni sinonimo di innovazione per tutto il paese - è il momento di pensare al sostegno universale di tutti i lavoratori: se non ora, quando?

[1] p. 149, Rapporto 2008, Il mercato del lavoro in Emilia Romagna, Regione Emilia Romagna (http://www.emiliaromagnalavoro.it/rapporto_lavoro_2008_1.htm). In Italia si stima che i lavoratori atipici siano tra i 3,5 e i 4 milioni.
[2] L’Emilia Romagna ha una nel periodo gennaio-settembre 2008 esportato il 13% del totale delle esportazioni italiane pur rappresentando solamente il 7% della popolazione, Elaborazione su dati Istat (http://www.istat.it/salastampa/comunicati/in_calendario/exporegio/20081212_00/testointegrale20081212.pdf).

giovedì 11 dicembre 2008

Contratto unico per tutti: si può fare?

Un nuovo contratto per tutti (Tito Boeri e Pietro Garibaldi, Chiarelettere editore, Torino, 2008) si muove lungo i canali del mercato del lavoro e dello stato sociale italiano, seguendo l’obiettivo, proposto in termini semplici e efficaci, dell’introduzione di un contratto unico per tutti i lavoratori.
Gli autori criticano punto per punto i provvedimenti posti in questo campo dai governi degli ultimi anni, nonostante la disoccupazione sia diminuita, tra il 1998 ad oggi, dall’11% al 6%: il discusso impatto della Legge Biagi, la propagandistica detassazione degli straordinari[1], le proposte di federalismo fiscale, gli interventi di dubbia efficacia per il Sud, i lavori socialmente utili e Il Libro verde del Ministro Sacconi.
Il sistema attuale delle tutele per i disoccupati è fortemente iniquo nei confronti di lavoratori con identiche mansioni ma soggetti a diverse tipologie contrattuali, complesso nell’erogazione e inadeguato alla crescita dell’occupazione: è sotto gli occhi di tutti la divaricazione dualistica tra chi è dentro un quadro di tutele regolari e stabili, cioè i lavoratori con contratto “a tempo indeterminato”, e i lavoratori atipici non protetti dal nostro sistema di welfare.
La tesi di fondo del libro rispetto ai problemi del mercato del lavoro italiano va presa sul serio, nonostante possa sembrare una provocazione intellettuale di difficile collocazione all’interno dell’agone politico attuale: essa consiste nella proposta di un contratto unico senza scadenza per tutti i lavoratori e con tutele gradualmente crescenti. Si rivolge principalmente ai giovani lavoratori, alle donne e ai disoccupati di ogni età, per facilitare la loro entrata nel mercato del lavoro, ma conferendogli anche maggiore tutela rispetto alla condizione presente. La loro situazione è oggi particolarmente complessa: un giovane lavoratore, se entra nel mercato del lavoro, lo fa a 1.100 euro al mese, 100 euro in meno rispetto alla fine degli ’90.
I lavoratori “atipici” sono circa 4 milioni e mezzo in Italia, poco meno del 20% degli occupati: se il passaggio oggi da un contratto, per esempio, a tempo determinato ad un altro non è frutto di una scelta, ma è l’obbligo imposto da un mercato del lavoro iniquo e macchinoso, allora la situazione è risolvibile solo con una riforma di lungo periodo che ricomprende l’introduzione del contratto unico.
Il “disordine atipico” dei contratti presenti oggi è solo il sintomo, non la causa, di un sistema che non può più funzionare; o meglio, funziona solo per coloro che dagli squilibri economici non verranno mai toccati. Il resto, che è sinonimo di peso e difficoltà, è in mano a quella fetta di lavoratori che si trovano a vivere nella degenerazione della flessibilità: la precarietà. E’ il momento di pensare a come convertire questa proposta, e soprattutto i suoi obiettivi, da un agile pamphlet in un disegno di legge[2].


[1] http://www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/4444AC16-6AD5-4EC9-AB7F-B0D2D302E151/0/281108PACCHETTOANTICRISI.pdf
[2] Si veda, sempre degli autori, la seguente proposta: http://www.lavoce.info/articoli/pagina1000075.html